Rischia la condanna alle spese l’amministratore di sostegno che rifiuta senza motivo la proposta conciliativa del giudice

Rischia la condanna alle spese l’amministratore di sostegno che rifiuta senza motivo la proposta conciliativa del giudice
22 Luglio 2016: Rischia la condanna alle spese l’amministratore di sostegno che rifiuta senza motivo la proposta conciliativa del giudice 22 Luglio 2016

Il Tribunale di Verona, con una recente sentenza emessa in data 14.06.2016, ha stabilito che “le spese vanno poste a carico della parte soccombente ed, ex art. 94 c.p.c., solidalmente del suo amministratore di sostegno che abbia esposto il soggetto rappresentato ad un maggiore esborso economico rifiutando la più vantaggiosa proposta conciliativa formulata dal giudice senza addurre nessuna giustificazione oggettiva di tale scelta, non potendo ritenersi giustificata la scelta derivante dalla convinzione della fondatezza dei propri assunti”. La pronuncia in questione è interessante sotto un duplice profilo.In primis essa è una delle poche decisioni che ha applicato la disciplina di cui all’art. 94 c.p.c., ossia la ‘condanna di rappresentanti e curatori’. In secondo luogo, è parimenti una delle poche che ha affrontato la tematica relativa alle “conseguenze in capo alle parti derivanti dalla formulazione ad opera del giudice della proposta conciliativa ex art. 185 bis c.p.c.”. Nel caso deciso dal Tribunale veronese il rappresentante aveva rifiutato la (vantaggiosa) proposta conciliativa che il giudice aveva formulato alle parti in udienza, esponendo in tal modo il suo rappresentato ad un maggior esborso economico. Per il Tribunale di Verona “tale scelta risulta ancora più avventata se si considera che è stata compiuta dopo che la convenuta, sempre nella veste di amministratore di sostegno, era risultata soccombente nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e condannata alla rifusione delle spese”. Il Giudice ha altresì aggiunto che “la possibilità di ricondurre tale comportamento nell’ambito di applicazione del combinato disposto degli artt. 88 e 94 c.p.c. discende dalla considerazione che il rifiuto della proposta conciliativa senza giustificato motivo, secondo la migliore ricostruzione, integra una violazione del dovere di lealtà e probità”.Nel caso specifico, l’amministratore di sostegno è stato condannato, solidalmente con la parte soccombente ex art. 94 c.p.c., proprio in quanto il rappresentante aveva rifiutato di aderire alla proposta conciliativa “sulla convinzione dei propri assunti”, che per il Tribunale di Verona è “una ‘scusa’ priva di giustificazione oggettiva”, con la conseguenza che lo stesso “rappresentante ha violato il dovere di lealtà e probità”. Tuttavia, la sentenza del Tribunale di Verona non è esente da critiche. Una prima perplessità nasce dal fatto che la scelta se aderire o meno ad una proposta conciliativa o transattiva, per quanto formulata dal Giudice, è comunque fondata sulla volontà e sull’autonomia privata delle parti, le quali ‘dovrebbero’ poter scegliere liberamente se sulla base di una ‘valutazione di opportunità, convenienza e rispondenza o meno ai propri interessi’. Secondariamente dalla motivazione della sentenza non si evince se la controparte della parte rappresentata dall’amministratore di sostegno avesse manifestato la propria adesione alla proposta conciliativa: se così non fosse stato, la condotta che la sentenza rimprovera al rappresentante non avrebbe avuto alcuna efficienza causale ai fini della prosecuzione del giudizio, per cui la sanzione in tal modo comminatagli apparirebbe oggettivamente priva di giustificazione. In terzo luogo, avuto presente che quello dell’amministratore di sostegno, come tutti gli uffici tutelari (art. 379 c.c.), è gratuito (anche l’ ‘equo indennizzo’ consentito dalla norma, laddove venga disposto, non è infatti un ‘compenso’, Trib. Varesino, 20.03.2012), ci si chiede se un rigore come quello manifestato dal Tribunale di Verona nei confronti del predetto rappresentante sia da considerarsi ragionevole.

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